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La Geometria del Disagio: Yorgos Lanthimos e l'Estetica dell'Inumano

Tra i registi che più profondamente hanno inciso sull'immaginario del cinema contemporaneo, Yorgos Lanthimos occupa un posto radicale e irrinunciabile. Il suo cinema, che sfugge a ogni etichetta di genere, si situa esattamente nel punto in cui la narrazione implode e l'estetica diventa un dispositivo critico. In vista della sua partecipazione all'82ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, dove presenterà il nuovo film, è necessario interrogarsi non solo sull'evoluzione del suo stile, ma sulla funzione stessa che il suo cinema esercita nel nostro presente. Lanthimos non è solo un autore: è un sintomo.


Kind of kindness di Lanthimos
Frame estratto dal film Kind of kindness

Il corpo come archivio del potere

Nel mondo di Lanthimos, il corpo non è mai neutro. Non è mai semplicemente "dato". È un campo di battaglia, una superficie di iscrizione, un luogo dove si combatte tra natura e norma, tra desiderio e disciplina. La sua rappresentazione del corpo non è estetizzante, né naturalistica: è chirurgica. L'immagine è fredda, disinfettata, geometrica. La carne umana, invece, pulsa sotto la pelle dei gesti imposti, degli sguardi spenti, della lingua deformata.


Il corpo è sempre in relazione con un sistema. Che sia la famiglia blindata di Dogtooth, la società regolativa di The Lobster, o la giustizia rituale di The Killing of a Sacred Deer, ciò che conta è il rapporto tra fisicità e norma. In Dogtooth, l'educazione corporea è un atto di violenza: i figli imparano il mondo attraverso un addestramento che passa dal corpo, non dalla parola. Là dove il linguaggio è distorto, il corpo diventa il solo canale di significazione.


Ma non si tratta solo di controllo. In Povere Creature, Lanthimos ribalta completamente il paradigma. Bella Baxter, corpo riassemblato, è un essere che ricomincia dall'inizio. Non conosce la vergogna, non conosce il limite: impara desiderando, impara toccando, camminando, seducendo. Il suo corpo è tabula rasa e palinsesto rivoluzionario insieme. In questo film, come in nessun altro, Lanthimos mostra che il corpo può anche diventare strumento di liberazione, di soggettivazione piena.


Ma non c'è mai celebrazione ingenua. Il corpo che si emancipa, nei suoi film, lo fa sempre attraversando l'umiliazione, la malattia, la morte. Il corpo è verità e condanna. Come se l'unico modo di abitare il reale, oggi, fosse esporre la vulnerabilità assoluta della carne.


Linguaggio e potere: la grammatica dell'assurdo

In Lanthimos, il linguaggio è un corpo anch'esso, soggetto a manipolazione. Le parole non comunicano: ordinano, confondono, distorcono. In Alps, persone in lutto assumono degli attori per impersonare i defunti. Le parole diventano formule rituali, meccanismi ripetuti senza comprensione. In The Lobster, l'intero sistema relazionale si fonda su una lingua del controllo: ogni sentimento deve essere tradotto in codice, in compatibilità, in algoritmo.


Questa logica del linguaggio come strumento coercitivo fa del suo cinema un'operazione profondamente politica. Per Lanthimos, parlare non è un atto di espressione, ma un gesto strategico. La parola è svuotata di affettività, e proprio per questo rivela la sua struttura di comando.


the lobster lanthimos
Frame estratto dal film The lobster

Ma l'assurdo non è mai puro gioco. È una forma di messa a fuoco. L'assurdo lanthimosiano è quello di Beckett, di Kafka, ma anche della burocrazia moderna e del marketing sentimentale. I suoi personaggi parlano in maniera "sbagliata" non perché alieni, ma perché sono profondamente dentro il sistema, troppo dentro: il linguaggio li ha inglobati.


Estetica dell'inumano

Una delle cifre più riconoscibili del suo cinema è l'estetica visiva. Ma sarebbe riduttivo parlare di "bellezza". La sua è una bellezza clinica, matematica, perturbante. Le inquadrature simmetriche, la profondità di campo schiacciata, i movimenti lenti e controllati della macchina da presa non sono meri esercizi di stile: sono parte del dispositivo.


Questo stile glaciale ha un obiettivo preciso: rendere lo spettatore partecipe di un'esperienza di straniamento. Vedere un film di Lanthimos significa non sentirsi mai a casa, mai al sicuro. L'inquadratura non accoglie: interroga. Lo spazio è troppo ordinato per essere neutro, troppo silenzioso per non nascondere qualcosa. E in questo eccesso di forma, si apre un vuoto: quello del senso.


Nel mondo iper-rappresentato del cinema postmoderno, dove tutto tende alla saturazione emotiva, Lanthimos sceglie il vuoto, il silenzio, la sospensione. Non perché non abbia nulla da dire, ma perché il suo cinema vuole che sia lo spettatore a fare il lavoro sporco dell'interpretazione.


Povere Creature di Lanthimos
Frame estratto dal film Povere Creature

Politica senza messaggio

Uno degli equivoci più frequenti sul cinema di Lanthimos è considerarlo "freddo", "distaccato", o peggio, "gratuitamente assurdo". In realtà, la sua è una politica senza messaggio, ma non per questo meno radicale. Non c'è mai una tesi esplicita, ma ogni film costruisce un dispositivo che mette in crisi la percezione del mondo sociale.


Le istituzioni vengono rappresentate nella loro nudità: la famiglia, la coppia, lo Stato, il sapere medico, la monarchia, il matrimonio, il lavoro. Nulla viene difeso, nulla viene distrutto. Tutto viene osservato come da dietro un vetro, con uno sguardo clinico che però, a tratti, si incrina di compassione.


In questo senso, Lanthimos è vicino al teatro della crudeltà di Artaud: mostrare fino a che punto ci siamo assuefatti all'orrore, quanto è diventata naturale la violenza simbolica che regge le nostre relazioni. Ma sempre senza proclami, senza estetica del trauma. Solo attraverso una progressiva riduzione, un prosciugamento della narrazione fino all'osso.


Lanthimos: un cinema che ci riguarda

Lanthimos non racconta storie nel senso classico del termine. I suoi film non si basano su empatia o identificazione, ma su distacco e analisi. Tuttavia, proprio in questo distacco, egli ci costringe a porci domande fondamentali: chi siamo quando parliamo? Chi siamo quando amiamo? Quanto delle nostre vite è davvero “nostro”?


In un’epoca in cui il cinema è sempre più diviso tra iper-prodotti industriali e nicchie autoriali, Lanthimos rappresenta una terza via possibile: un cinema radicale, ma capace di parlare a un pubblico globale, disturbando, affascinando, lasciando tracce durature.


Alla 82ª Mostra di Venezia non vedremo soltanto un nuovo film. Vedremo l’evoluzione di un linguaggio, la prosecuzione di un’indagine che, attraverso l’inumano, ci parla fin troppo da vicino. Non è un cinema per tutti. Ma è un cinema necessario.


Dove vedere i film di Yorgos Lanthimos:

  • Dogtooth (2009) – MUBI

  • Alps (2011) – Non disponibile attualmente in streaming (disponibile in DVD)

  • The Lobster (2015) – Prime Video

  • The Killing of a Sacred Deer (2017) – Netflix

  • The Favourite (2018) – Disney+

  • Poor Things (2023) – Disney+

  • Kinds of Kindness (2024) – Disney+, Apple tv, Prime Video

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