Come ci si sente dentro un corpo che sembra non appartenerci? La dismorfia corporea non è solo una questione estetica: è una condizione psicologica complessa, dove l’ossessiva attenzione ai difetti percepiti può portare ansia, depressione e isolamento sociale.
Il cinema di Paolo Strippoli si distingue per un uso del soprannaturale come metafora, mai fine a sé stesso: nelle sue storie il perturbante è la proiezione di ferite interiori o di tensioni sociali, che attraverso l’horror trovano forma visiva. Gli spazi che racconta – villaggi isolati, città svuotate, boschi opprimenti – non sono semplici scenografie, ma stati d’animo solidificati, riflessi emotivi dei personaggi.
La seconda stagione di Mercoledì di Tim Burton, appena approdata su Netflix, non è soltanto un festival di estetica gotica e humor nero. La famiglia Addams, dietro il velo teatrale e le gag macabre, nasconde un equilibrio instabile in cui ogni membro sembra imprigionato in un ruolo preciso e dolorosamente coerente.
Ari Aster, con Midsommar (2019), non realizza semplicemente un film horror. Realizza un affresco. Una tavola rituale dove pittura, psicologia, antropologia e cinema convergono in un incubo soleggiato. Inverte l’oscurità tradizionale del genere e la sostituisce con una luce bianca, onnipresente, in cui nulla può nascondersi. E in questa luce, esattamente come in un dipinto sacro o in un polittico medievale, ogni elemento ha una funzione simbolica, ogni gesto è un codice.
Nel mondo di Lanthimos, il corpo non è mai neutro. Non è mai semplicemente "dato". È un campo di battaglia, una superficie di iscrizione, un luogo dove si combatte tra natura e norma, tra desiderio e disciplina. La sua rappresentazione del corpo non è estetizzante, né naturalistica: è chirurgica. L'immagine è fredda, disinfettata, geometrica. La carne umana, invece, pulsa sotto la pelle dei gesti imposti, degli sguardi spenti, della lingua deformata.
Otto soldati italiani, inviati su un’isola greca, vengono strappati dal conflitto per trovarsi in una specie di Eden isolato, dove il tempo si dilata e la quotidianità porta con sé risate, amori semplici, ma anche la consapevolezza del mondo da cui provengono. L’innocenza che si vive lì non è ingenuità: è un momento raro, un’apertura verso la vita prima che la guerra la scolpisca con durezza.
Pedro Pascal, attore cileno naturalizzato statunitense, è oggi uno dei volti più riconoscibili del cinema e della televisione contemporanea. Reso celebre da ruoli iconici in serie come Game of Thrones, Narcos, The Mandalorian e The Last of Us, è diventato un punto di riferimento non solo per il suo talento, ma anche per il modo in cui rappresenta l’uomo moderno sullo schermo e fuori.
In un’epoca in cui l’algoritmo decide cosa vediamo, quando lo vediamo e come lo vediamo, MUBI rappresenta un atto di resistenza. Una piattaforma, sì, ma prima di tutto un manifesto.
Nel cinema di Christopher Nolan batte un ossimoro potente: il sogno che assume i tratti della realtà, e la realtà che si sgretola sotto il peso del sogno. Inception è un viaggio attraverso un caleidoscopio di mondi interiori, livelli di coscienza che si riflettono l’uno nell’altro come specchi infiniti. Ma questo viaggio non è solo un’invenzione cinematografica: già Jorge Luis Borges, decenni prima, aveva esplorato lo stesso territorio con una precisione quasi mistica in La s
C'è un certo tipo di cinema che non vuole essere capito. Non perché sia elitario o volutamente oscuro, ma perché la comprensione non è il suo obiettivo. Alcuni film chiedono allo spettatore di rinunciare a un'idea di senso lineare, a una narrazione chiusa, per accettare di pensare per immagini.
"No Other Land" è un documentario che ha conquistato l'Oscar nel 2025, diretto da un collettivo israelo-palestinese composto da Basel Adra, Yuval Abraham, Rachel Szor e Hamdan Ballal. Il film racconta la resistenza della comunità palestinese di Masafer Yatta, nel sud della Cisgiordania, contro l'espulsione forzata da parte dell'esercito israeliano.
Viviamo in un’epoca in cui la creatività sembra dover lottare per sopravvivere. Gli artisti si perdono, gli algoritmi decidono cosa produrre, e il pubblico si distrae in 15 secondi. Mentre le piattaforme vincolano la narrazione a “ciò che funziona”, l’originalità sembra diventata un rischio anziché una virtù. Eppure, proprio il cinema — l’arte dell’immagine per eccellenza — continua a interrogarsi su sé stesso. Cosa succede quando il cinema parla della propria crisi creativa?
Parthenope di Paolo Sorrentino si addentra nel tema della decadenza non solo come deterioramento estetico, ma come declino dell’anima e del corpo, ricalcando la poetica del regista con nuove sfumature. Parthenope e suo fratello Raimondo sono emblematici di questa esplorazione: incarnano due volti della stessa medaglia, due espressioni di un dolore esistenziale che li consuma, conducendoli a esiti opposti.
La 70ª edizione dei David di Donatello doveva essere una celebrazione, un anniversario simbolico del nostro cinema, della sua resilienza e del suo sguardo unico sul mondo. Ma ciò che si è svolto negli studi di Cinecittà è sembrato, a tratti, più un cortocircuito televisivo che una vera festa dell’arte. Una serata che ha alternato lampi di bellezza e potenza narrativa a momenti di autentico disagio e disorientamento. Ecco il racconto di tutto ciò che è successo — e che ha lasc
Quando Francis Ford Coppola si mise dietro la macchina da presa per realizzare Il Padrino, probabilmente non immaginava che avrebbe creato uno dei film più iconici e significativi della storia del cinema. Il Padrino non è solo una saga mafiosa, ma una profonda riflessione su potere, famiglia, sacrificio e destino.
Pedro Almodóvar firma una delle sue opere più stratificate, mature e politicamente dense. Non è solo un film sulla maternità, come si potrebbe pensare ad una prima visione superficiale: è un’opera multistrato che parla di identità, memoria collettiva, corpi narrativi, e del diritto di ogni essere umano a sapere da dove viene. Proviamo a leggerlo in modo totale, attraverso lo sguardo estetico, psicologico, simbolico e politico.
NANA, l’anime tratto dal manga di Ai Yazawa, è un’opera che parla della difficoltà di trovare il proprio posto nel mondo. Mescola musica punk, riflessioni sulla solitudine e, soprattutto, una continua ricerca di identità.
Una lattina che si apre. Un sorso lento, silenzioso. Un brindisi improvvisato tra sconosciuti o amici di lunga data. Nel cinema, la birra non è mai solo una bevanda.