Ciao bambino compie il suo gesto più radicale: rifiuta qualsiasi consolazione narrativa. Non c’è redenzione attraverso il sacrificio. Non c’è nobiltà nel pagare un debito che non dovrebbe esistere. Mostra come, in certi contesti, anche la scelta giusta possa essere impossibile, e come l’amore per la propria famiglia possa trasformarsi in una condanna a vita.
Con Orfeo, Virgilio Villoresi realizza un film che sfida ogni classificazione e si pone in una dimensione laterale, ortogonale rispetto alla produzione contemporanea. Non tenta di aggiornare il mito in modo convenzionale, né si limita a rielaborarlo con estetica “d’autore”.
“Bugonia” non è un semplice thriller o un horror fantascientifico: è un’opera che usa il complottismo come linguaggio per parlare del nostro tempo, della fragilità umana e del bisogno disperato di certezze.
The Smashing Machine si impone come uno dei ritratti più intensi e complessi mai dedicati a una figura sportiva. Non è un semplice film sulle MMA, ma un viaggio emotivo nel cuore di un uomo spezzato che continua ostinatamente a rialzarsi.
Tra le creature nate dalla letteratura gotica, Dracula è forse la più mutevole, la più capace di riflettere desideri, paure e fantasmi interiori di ogni epoca. Se il romanzo di Bram Stoker ne faceva un predatore, un’incarnazione quasi assoluta del Male, il cinema ha progressivamente trasformato quel mostro in una figura tragica, malinconica, capace di amare con una purezza che contraddice la sua condizione di dannato.
Quello che rende Nino davvero potente è la sua umanità. Non è solo un film su una diagnosi medica: è un’opera sull’accettazione, sulla solitudine, sul silenzio, sulla difficoltà di riconoscere il dolore.
Il film non parla di guerra, ma della paura della guerra — e questo lo rende, almeno in teoria, più interessante di un classico thriller politico. Il nemico non ha volto né nome; il missile che minaccia la nazione è anonimo, impossibile da identificare. Non c’è un “altro” contro cui reagire: c’è solo un sistema di potere che si guarda allo specchio e non riconosce più la propria immagine.
Abbiamo avuto modo di assistere in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia alla presentazione della serie Il Mostro, ora finalmente disponibile su Netflix, e l’occasione ci ha permesso di osservarla con uno sguardo più attento rispetto al semplice lancio streaming.
Anderson spiazza tutti. One Battle After Another non parla di rivoluzioni sociali o guerre dimenticate: parla di paternità e maternità, di figli che scappano e di genitori che inseguono. È un film sulla cura, sulla perdita e sull’impossibilità di proteggere davvero chi si ama.
Ethan Coen sceglie la strada dell’anarchia stilistica e narrativa: chi conosce i Coen ritrova il gusto per il grottesco e l’assurdo, ma qui il tono è ancora più libero, quasi sperimentale.
Strippoli racconta Remis, un villaggio dove tutti sembrano felici grazie a un rituale singolare: Matteo, un ragazzo introverso, assorbe il dolore degli altri abitanti. Questa premessa diventa un pretesto per esplorare temi universali e trasversali: quanto l’empatia forzata possa diventare un peso insostenibile, quanto farsi carico dei dolori altrui possa prosciugare le energie fisiche ed emotive di un individuo.
Presentato in concorso alla 82ª Mostra del Cinema di Venezia nel 2025, il film ha ottenuto una delle accoglienze più commoventi e imponenti dell’intera edizione: 23 minuti di standing ovation, con il pubblico in lacrime e la sala trasformata in un coro collettivo.
Presentato in concorso all’82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, No Other Choice è la nuova opera di Park Chan-wook, maestro coreano già autore di titoli di culto come Oldboy e The Handmaiden. L’anteprima mondiale ha scatenato entusiasmo: nove minuti di applausi hanno accolto un film che molti già considerano tra i più importanti della sua carriera.
Un ticchettio. Così si apre After the Hunt. Non è solo un suono, è un presagio: il tempo che scorre, il conto da pagare, l’ansia che cresce. Guadagnino lo mette lì, netto, prima ancora che compaiano i titoli di testa. E quei titoli, bianchi su nero, volutamente retrò, ci riportano a un’epoca di cinema che non c’è più.
La seconda stagione di Mercoledì di Tim Burton, appena approdata su Netflix, non è soltanto un festival di estetica gotica e humor nero. La famiglia Addams, dietro il velo teatrale e le gag macabre, nasconde un equilibrio instabile in cui ogni membro sembra imprigionato in un ruolo preciso e dolorosamente coerente.
Protagonista assoluto: Brad Pitt, nei panni di Sonny Hayes, ex campione ritirato che torna in pista con un team emergente per affiancare un giovane talento. Un archetipo classico: il veterano dal passato burrascoso, chiamato a fare da mentore e a dimostrare che ha ancora benzina – e orgoglio – nel serbatoio. E qui arriva il punto interessante: F1 non fa nulla per nascondere la sua anima arrogante. Anzi, la cavalca.
È un cinema che pulsa sotto la pelle, Familia di Francesco Costabile, che torna dopo Una femmina con un’opera tesa, claustrofobica, profondamente umana. Proiettato nell’intenso contesto del Visioni Periferiche Festival, il film conferma il talento del regista nel dare forma visiva (e sonora) alla ferita intima e collettiva delle famiglie disfunzionali, senza mai indulgere nel compiacimento né offrire scorciatoie narrative.
Bitonto, nel cuore della Puglia, il Visioni Periferiche Festival continua a dimostrarsi un presidio culturale vivo, radicale e necessario. La scelta di proiettare L’albero, opera prima di Sara Petraglia, è stata più che coerente con lo spirito del festival: portare nelle periferie il cinema che guarda ai margini, senza retorica, senza scorciatoie.