Ari Aster, con Midsommar (2019), non realizza semplicemente un film horror. Realizza un affresco. Una tavola rituale dove pittura, psicologia, antropologia e cinema convergono in un incubo soleggiato. Inverte l’oscurità tradizionale del genere e la sostituisce con una luce bianca, onnipresente, in cui nulla può nascondersi. E in questa luce, esattamente come in un dipinto sacro o in un polittico medievale, ogni elemento ha una funzione simbolica, ogni gesto è un codice.
Nel mondo di Lanthimos, il corpo non è mai neutro. Non è mai semplicemente "dato". È un campo di battaglia, una superficie di iscrizione, un luogo dove si combatte tra natura e norma, tra desiderio e disciplina. La sua rappresentazione del corpo non è estetizzante, né naturalistica: è chirurgica. L'immagine è fredda, disinfettata, geometrica. La carne umana, invece, pulsa sotto la pelle dei gesti imposti, degli sguardi spenti, della lingua deformata.
Otto soldati italiani, inviati su un’isola greca, vengono strappati dal conflitto per trovarsi in una specie di Eden isolato, dove il tempo si dilata e la quotidianità porta con sé risate, amori semplici, ma anche la consapevolezza del mondo da cui provengono. L’innocenza che si vive lì non è ingenuità: è un momento raro, un’apertura verso la vita prima che la guerra la scolpisca con durezza.
Protagonista assoluto: Brad Pitt, nei panni di Sonny Hayes, ex campione ritirato che torna in pista con un team emergente per affiancare un giovane talento. Un archetipo classico: il veterano dal passato burrascoso, chiamato a fare da mentore e a dimostrare che ha ancora benzina – e orgoglio – nel serbatoio. E qui arriva il punto interessante: F1 non fa nulla per nascondere la sua anima arrogante. Anzi, la cavalca.
Pedro Pascal, attore cileno naturalizzato statunitense, è oggi uno dei volti più riconoscibili del cinema e della televisione contemporanea. Reso celebre da ruoli iconici in serie come Game of Thrones, Narcos, The Mandalorian e The Last of Us, è diventato un punto di riferimento non solo per il suo talento, ma anche per il modo in cui rappresenta l’uomo moderno sullo schermo e fuori.
È un cinema che pulsa sotto la pelle, Familia di Francesco Costabile, che torna dopo Una femmina con un’opera tesa, claustrofobica, profondamente umana. Proiettato nell’intenso contesto del Visioni Periferiche Festival, il film conferma il talento del regista nel dare forma visiva (e sonora) alla ferita intima e collettiva delle famiglie disfunzionali, senza mai indulgere nel compiacimento né offrire scorciatoie narrative.
In un’epoca in cui l’algoritmo decide cosa vediamo, quando lo vediamo e come lo vediamo, MUBI rappresenta un atto di resistenza. Una piattaforma, sì, ma prima di tutto un manifesto.
Nel cinema di Christopher Nolan batte un ossimoro potente: il sogno che assume i tratti della realtà, e la realtà che si sgretola sotto il peso del sogno. Inception è un viaggio attraverso un caleidoscopio di mondi interiori, livelli di coscienza che si riflettono l’uno nell’altro come specchi infiniti. Ma questo viaggio non è solo un’invenzione cinematografica: già Jorge Luis Borges, decenni prima, aveva esplorato lo stesso territorio con una precisione quasi mistica in La s
C'è un certo tipo di cinema che non vuole essere capito. Non perché sia elitario o volutamente oscuro, ma perché la comprensione non è il suo obiettivo. Alcuni film chiedono allo spettatore di rinunciare a un'idea di senso lineare, a una narrazione chiusa, per accettare di pensare per immagini.
Con La trama fenicia, Wes Anderson firma forse la sua opera più stratificata e ambiziosa degli ultimi anni. Un film che, pur restando fedele alla grammatica visiva che ha reso inconfondibile il suo stile – simmetrie impeccabili, palette cromatiche pastello, scenografie teatrali e personaggi eccentrici – affonda con sorprendente delicatezza nelle pieghe più profonde dell’esistenza umana. E lo fa con una lucidità affettuosa che disarma.
"No Other Land" è un documentario che ha conquistato l'Oscar nel 2025, diretto da un collettivo israelo-palestinese composto da Basel Adra, Yuval Abraham, Rachel Szor e Hamdan Ballal. Il film racconta la resistenza della comunità palestinese di Masafer Yatta, nel sud della Cisgiordania, contro l'espulsione forzata da parte dell'esercito israeliano.
Viviamo in un’epoca in cui la creatività sembra dover lottare per sopravvivere. Gli artisti si perdono, gli algoritmi decidono cosa produrre, e il pubblico si distrae in 15 secondi. Mentre le piattaforme vincolano la narrazione a “ciò che funziona”, l’originalità sembra diventata un rischio anziché una virtù. Eppure, proprio il cinema — l’arte dell’immagine per eccellenza — continua a interrogarsi su sé stesso. Cosa succede quando il cinema parla della propria crisi creativa?
Cannes 2025 si accende con storie potenti, debutti sorprendenti e grandi ritorni.
Dai nomi più attesi come Kristen Stewart, Wes Anderson e Mario Martone, fino alle nuove voci del cinema d’autore, ecco i film che stanno segnando questa edizione del Festival.
La 70ª edizione dei David di Donatello doveva essere una celebrazione, un anniversario simbolico del nostro cinema, della sua resilienza e del suo sguardo unico sul mondo. Ma ciò che si è svolto negli studi di Cinecittà è sembrato, a tratti, più un cortocircuito televisivo che una vera festa dell’arte. Una serata che ha alternato lampi di bellezza e potenza narrativa a momenti di autentico disagio e disorientamento. Ecco il racconto di tutto ciò che è successo — e che ha lasc
Quando Francis Ford Coppola si mise dietro la macchina da presa per realizzare Il Padrino, probabilmente non immaginava che avrebbe creato uno dei film più iconici e significativi della storia del cinema. Il Padrino non è solo una saga mafiosa, ma una profonda riflessione su potere, famiglia, sacrificio e destino.
Pedro Almodóvar firma una delle sue opere più stratificate, mature e politicamente dense. Non è solo un film sulla maternità, come si potrebbe pensare ad una prima visione superficiale: è un’opera multistrato che parla di identità, memoria collettiva, corpi narrativi, e del diritto di ogni essere umano a sapere da dove viene. Proviamo a leggerlo in modo totale, attraverso lo sguardo estetico, psicologico, simbolico e politico.
Nel film si compie un raro miracolo cinematografico: trasformare un dolore personale, intimo e devastante in un’esperienza collettiva e catartica. Non è semplicemente la storia di un alcolizzato in cerca di redenzione, ma il racconto struggente e vibrante di un'anima ferita, persa nei meandri della sofferenza più acuta: quella del lutto non elaborato.
Nel panorama cinematografico odierno, in cui i generi si rincorrono e spesso si annacquano, Sinners emerge come un’esperienza che rifonda le regole del western e dell’horror, contaminandoli con radici nere, sangue antico e spiritualità profonda. Non è solo un film. È un grido, un canto oscuro, un rito collettivo che brucia e incanta.
"Queer" di Luca Guadagnino, presentato in concorso alla Biennale di Venezia, si rivela una proposta cinematografica audace e innovativa, divisa in due sezioni ben distinte ma intrinsecamente collegate.