Ridere della Morte, Amare l’Assurdo: Il Baracchino
- Giada Maria Scarfiello
- 9 giu
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 24 lug
Il Baracchino, disponibile dal 3 giugno su Prime Video, è la prima serie italiana d’animazione prodotta da Amazon come Amazon Original. Questo debutto rappresenta un passaggio importante nel panorama dell’intrattenimento italiano, soprattutto perché coniuga due linguaggi spesso considerati distanti: l’animazione e la stand-up comedy. La serie è una produzione Lucky Red e nasce dalla creatività dello studio palermitano Megadrago, che ha saputo dare forma a un progetto unico nel suo genere, dimostrando come anche in Italia si possano realizzare prodotti animati per adulti di alto livello.
L’idea di fondo è semplice e geniale al tempo stesso: prendere il format del comedy club, un palco, un microfono e un pubblico, e trasformarlo in un universo animato grottesco, poetico e profondamente umano. È un esperimento riuscitissimo che si distingue nel panorama delle serie animate attuali, dove spesso l’originalità è sacrificata in favore della serialità.

Tecniche d’animazione sorprendenti
Uno degli elementi più sorprendenti de Il Baracchino è il suo approccio visivo. La serie utilizza un mix volutamente disomogeneo di tecniche di animazione: dal 3D al 2D tradizionale, dalla stop-motion all’uso di pupazzi digitalizzati. Questo uso consapevole e spregiudicato di linguaggi diversi non è solo un vezzo stilistico, ma riflette la varietà e l’eclettismo delle storie raccontate e dei personaggi che popolano il mondo del Baracchino.
Il team creativo ha sfruttato il software open-source Blender per garantire la massima libertà espressiva e sperimentare senza limiti. Ogni episodio ha un’identità visiva specifica che si adatta al tono e al protagonista di turno, rendendo l’esperienza di visione dinamica e mai ripetitiva. Il bianco e nero espressionista che avvolge il palco, alternato a lampi di colore o inserti live-action surreali, contribuisce a creare un’estetica dal forte impatto, che richiama l’arte visiva underground ma con una cura tecnica da cinema d’autore.
Non è solo una questione di stile: l’animazione diventa qui un mezzo potentissimo per amplificare il contenuto comico, drammatico o surreale delle esibizioni. Ogni tecnica viene messa al servizio del tono narrativo, riuscendo a sorprendere continuamente lo spettatore.
Personaggi irresistibili e doppiatori superlativi
La narrazione ruota attorno a un luogo: il Baracchino, un piccolo comedy club decadente, gestito da Maurizio, un unicorno stanco e disilluso con la voce di Lillo Petrolo. Il locale è sull’orlo della chiusura, ma l’arrivo di Claudia, giovane idealista doppiata da Pilar Fogliati, cambia tutto: decide di rilanciare il club con una serata di “Open Mic”, aprendo il palco a una serie di personaggi improbabili, surreali eppure profondamente veri.
Pilar Fogliati, già nota per il suo talento camaleontico nel mondo della recitazione, si rivela anche una sorprendente doppiatrice, offrendo una performance vocale straordinaria: credibile, brillante, espressiva, capace di dare alla sua Claudia una personalità viva e sfaccettata. La sua interpretazione riesce a tenere insieme entusiasmo, ironia e una sottile malinconia che attraversa l’intera serie.

È qui che entra in gioco la forza del cast vocale. Ogni episodio introduce un performer nuovo, ciascuno doppiato da alcuni dei più affermati comici della stand-up italiana. C’è il piccione fumante di Luca Ravenna, cinico e tagliente; Leonardo da Vinci, reimmaginato da Edoardo Ferrario come un genio fuori tempo massimo; l’alieno John Lumano, interpretato da Daniele Tinti, spaesato e quasi commovente; e ancora la Morte, riflessiva e autoironica con la voce di Stefano Rapone.
Ma non mancano i personaggi davvero fuori dagli schemi, come la ciambella esistenzialista Noemi Ciambell (voce di Michela Giraud), il triceratopo punk eco-ansioso doppiato da Yoko Yamada, Larry Tucano, casanova spettrale affidato a Pietro Sermonti, e Donato, l’altra metà ciambellosa doppiata da Frank Matano. Ogni personaggio rappresenta una sfumatura della condizione umana, attraverso il filtro dell’umorismo, dell’assurdo e dell’animazione.
Quello che colpisce non è solo la bravura tecnica dei doppiatori, ma la perfetta fusione tra la loro voce e il personaggio animato. Si percepisce una libertà espressiva rara, quasi teatrale, che dà vita a caratteri tridimensionali anche senza bisogno di realismo grafico.
Un equilibrio perfetto tra risate e riflessioni
Il Baracchino non è una semplice sequenza di sketch comici. Ogni episodio è costruito come un monologo teatrale, spesso venato di malinconia, sarcasmo e introspezione. Le battute fanno ridere, sì, ma sempre con un retrogusto amaro, come se ogni personaggio fosse consapevole dell’assurdità del mondo che li circonda.
In appena sei episodi – dai 17 ai 21 minuti – la serie riesce a creare un universo coerente e ricco, dove ogni protagonista è portatore di un tema più grande: l’ansia, la morte, il fallimento, l’amore, la vanità, la solitudine. Il tono riesce a restare sempre in equilibrio, tra l’assurdo e l’intimo, tra il grottesco e il lirico. I dialoghi sono scritti con intelligenza e ritmo, senza mai scadere nel banale, e riescono spesso a toccare corde emotive inaspettate.

La forza della serie sta anche nella capacità di far convivere il tono alto e quello basso, la risata sguaiata e la riflessione profonda, senza mai perdere la leggerezza. È una comicità che non si accontenta del facile effetto, ma cerca connessioni più profonde, pur rimanendo accessibile a chiunque.
Pixel, palco e sentimento: perché vale la pena vederla
Guardare Il Baracchino è un’esperienza appagante sotto molti punti di vista. L’originalità visiva è evidente fin dai primi minuti, ma ciò che conquista davvero è il cuore della serie: un insieme di storie brevi, vibranti, animate da un’umanità profonda e raccontate con una voce fresca, nuova, che finalmente dà spazio alla comicità italiana in una forma diversa.
La scrittura è compatta, i ritmi sono ben dosati, e ogni episodio lascia qualcosa: una risata, una riflessione, a volte persino un piccolo nodo in gola. Non ci sono momenti superflui, né episodi deboli: tutto ha un senso, e tutto è costruito per parlare allo spettatore con intelligenza e ironia.
Il Baracchino dimostra che è possibile fare animazione per adulti anche in Italia, senza scimmiottare i modelli stranieri, ma trovando una voce autentica e originale. È un segnale forte, una dimostrazione di coraggio produttivo e di grande talento creativo.

In conclusione… un piccolo (grande) miracolo animato
Il Baracchino è molto più di una serie comica animata. È una riflessione sul tempo, sull’identità, sul valore della voce – nel senso più profondo del termine. È un laboratorio creativo che fonde arte visiva e comicità, tecnica e cuore. È un progetto che osa, e nel farlo riesce a emozionare, a divertire, a sorprendere.
Per Prime Video e per Megadrago si tratta di un debutto importante, che apre la strada a nuove possibilità per l’animazione italiana. Se siete in cerca di qualcosa di diverso, di intelligente, di divertente ma non superficiale, Il Baracchino è la scelta giusta. È un piccolo miracolo, un piccolo palco… ma con un grande, grandissimo spirito.
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