The Smashing Machine si impone come uno dei ritratti più intensi e complessi mai dedicati a una figura sportiva. Non è un semplice film sulle MMA, ma un viaggio emotivo nel cuore di un uomo spezzato che continua ostinatamente a rialzarsi.
Anderson spiazza tutti. One Battle After Another non parla di rivoluzioni sociali o guerre dimenticate: parla di paternità e maternità, di figli che scappano e di genitori che inseguono. È un film sulla cura, sulla perdita e sull’impossibilità di proteggere davvero chi si ama.
Ethan Coen sceglie la strada dell’anarchia stilistica e narrativa: chi conosce i Coen ritrova il gusto per il grottesco e l’assurdo, ma qui il tono è ancora più libero, quasi sperimentale.
Il cinema di Paolo Strippoli si distingue per un uso del soprannaturale come metafora, mai fine a sé stesso: nelle sue storie il perturbante è la proiezione di ferite interiori o di tensioni sociali, che attraverso l’horror trovano forma visiva. Gli spazi che racconta – villaggi isolati, città svuotate, boschi opprimenti – non sono semplici scenografie, ma stati d’animo solidificati, riflessi emotivi dei personaggi.
Protagonista assoluto: Brad Pitt, nei panni di Sonny Hayes, ex campione ritirato che torna in pista con un team emergente per affiancare un giovane talento. Un archetipo classico: il veterano dal passato burrascoso, chiamato a fare da mentore e a dimostrare che ha ancora benzina – e orgoglio – nel serbatoio. E qui arriva il punto interessante: F1 non fa nulla per nascondere la sua anima arrogante. Anzi, la cavalca.
C’è un coraggio silenzioso in Fuori, l’ultimo film di Mario Martone, e non è solo quello delle sue protagoniste. È un’opera che si prende rischi: racconta una storia poco accomodante, con una forma volutamente lenta, stratificata e non sempre decifrabile.